Executive marzo - aprile 2011 - page 67

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e informazioni sono a tutti gli effetti asset aziendali di cui è ne-
cessario determinare con rapidità ed efficienza impatto e uti-
lità nel contesto di business dell’impresa. Volume e quantità dei
dati, utilità o inutilità degli stessi, non rappresentano un ostacolo
concreto al cambiamento; il vero nemico organizzativo che im-
pedisce la piena valorizzazione delle informazioni si annida nel-
l’inerzia, un comportamento penalizzante che mina nel profondo
il capitale informativo delle aziende. Una volta avviato, infatti, il
flusso di informazioni è difficile da orientare o da contenere. Cre-
sce così il rischio di perdere dati significativi, ne sfugge il signifi-
cato, l’impatto, l’utilità; si disperdono risorse che potrebbero fare
la differenza nella difficile competizione verso la costruzione del
vantaggio competitivo. Orientarsi verso asset informativi struttu-
rati diventa così una necessità, a maggior ragione ora con la pro-
liferazione di dati a cui si assiste.
A tutt’oggi è sconosciuto il rapporto tra dati strutturati e non strut-
turati che si osserva nelle aziende. Analisi recenti, però, indicano
che proprio i dati non strutturati hanno un rilievo sostanziale (20%)
nella costruzione del vantaggio competitivo. Se ci si basa sui nu-
meri che descrivono la crescita del mercato nel segmento del text
mining, data management e text analytic, è ragionevole atten-
dersi, entro il 2015, una crescita delle analisi di contenuti non
strutturati nei sistemi di Business Intelligence. Ci si aspetta che la
richiesta di asset per le informazioni non strutturate, tanto nel Per-
formance Management quanto nella Business Intelligence, generi
domande per un miliardo di dollari nel settore del software per
l’analisi in tempo reale degli asset non strutturati.
Una crescita ipertrofica
Non può lasciare indifferenti la crescita del volume globale di dati
generati annualmente nel mondo, capace di aumentare del 59%
ogni anno con un incremento del numero corrispondente di file
che tocca addirittura l’88% annuo.
A questa crescita ipertrofica corrispondono profondi cambia-
menti nel comportamento dei cittadini. Un segnale concreto in
questo senso emerge dal linguaggio comune: in pochi anni
l’utente medio, che parlava inizialmente di kilobyte, è passato ra-
pidamente ai megabyte, poi ai giga e ora ai tera. Non c’è quasi
più strumento di uso comune che non sia anche generatore di
dati, dai telefoni cellulari ai Pda, dalle autovetture ai giocattoli,
tutti hanno ormai capacità di interagire e di produrre informazioni.
Una vera e propria invasione di dati che investe i tecnici dell’IT,
un’onda la cui comprensione (e accettazione) è appena comin-
ciata.
Con queste premesse appare chiaro che preoccuparsi di sto-
rage è occuparsi solo di un aspetto della ben più articolata si-
tuazione. Le sfide che attendono il data management fanno
impallidire gli assunti della famosa legge di Moore perché oggi i
dati crescono con un rateo ben superiore a quello delle capacità
computazionali e di storage (circa 1000 volte ogni 20 anni). Ci
sono proiezioni secondo cui entro il 2012 solo il 51% dei dati
prodotti sarà conservato e collocato in efficienza, percentuale
destinata a scendere al 28% dal 2017.
I dati e le informazioni sono destinati a rappresentare una delle
sfide più complesse che le organizzazioni si siano mai trovate di-
nanzi. La difficoltà di discernere tra informazioni utili e non, defi-
nendo l’utilità in funzione di un preciso lasso di tempo e
assegnando quindi un criterio di durata al dato, aumenta la pres-
sione sui sistemi di analisi disponibili, soprattutto sulla gover-
nance generale dell’informazione.
A rendere ancor più articolato il panorama descritto, c’è la diffi-
coltà di cogliere l’utilità dell’informazione, quali sono i criteri da
adottare, come è possibile essere sicuri che un’informazione, ini-
zialmente decontestualizzata, non possa acquisire nel tempo una
valenza radicalmente diversa se collocata in uno specifico am-
bito? Si corre il rischio di essere assaliti da un senso di vertigine
che paralizza: quando strategie e tattiche cambiano, mutano
anche i valori delle informazioni. Così, mentre le organizzazioni la-
vorano per migliorare il rigore con cui governano gli asset infor-
mativi, cercano contemporaneamente di individuare tecnologie
che possano supportare e facilitare questi sforzi.
Governare l’informazione
La governance dell’informazione si trasforma in un esercizio ri-
goroso di assegnazione del diritto di decidere, di definizione delle
politiche (in risposta alle aspettative su come l’informazione do-
vrebbe essere gestita), di individuazione delle regole, dei controlli
e dei processi da attuare per assicurare la compliance, di sele-
zione degli strumenti di monitoraggio dello stato dell’informa-
zione alla luce delle politiche attuate.
La tecnologia può essere utilizzata a supporto di numerosi aspetti
di queste attività, come sostegno ai processi, all’automazione
delle regole, al coinvolgimento degli stakeholder. L’information
governance technology framework, invece, è utile per rappre-
Il ruolo della governance dell’informazione nella valorizzazione del business
REGINA CASONATO*, TINA NUNNO**
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