S
ono molti anni che le aziende utilizzano stabilmente la posta
elettronica e i calendari elettronici. Solo di recente, però,
hanno orientato i propri investimenti verso tool per le conferenze
online e l’instant messaging con l’obiettivo primario, peraltro sod-
disfatto, di migliorare la comunicazione. Una sorte differente
l’hanno avuta gli investimenti sulla collaborazione (come lo svi-
luppo di spazi di lavoro virtuali condivisi o vere e proprie comu-
nità), dove invece i risultati raccolti sono stati contraddittori, non
sempre e non solo positivi.
Proprio l’incertezza dimostrata da alcune iniziative di collabora-
tion e knowledge management ha fatto sì che la
posta elettronica sia tuttora considerata dai leader
IT il tool dominante per la comunicazione e la col-
laborazione di business. E questo nonostante i dati
statistici che indicano altre tendenze per consu-
matori, utenti e forza lavoro. Nel 2008, Nielsen
media scoprì che le persone amavano trascorre
più tempo nei siti di social networking che nel pro-
prio software di posta elettronica; nel 2010, almeno
nel Regno Unito, il tempo dedicato ai social net-
work era addirittura tre volte quello riservato alla
lettura delle e-mail. Gli esperti Nielsen però osser-
varono che più la gente usa i social media, più e-
mail è solita inviare. La tendenza osservata nel
2008 e nel 2009 si riconfermò nel 2010 e oggi si
stima che siano 600 milioni le persone impegnate
in almeno 100 milioni di “collective”, abituate a
scambiarsi punti di vista, opinioni, emozioni. E tutto
questo al di fuori dei tradizionali confini aziendali.
La dimensione “collective”
Se le aziende per anni sono state abituate a ragionare in fun-
zione di logiche B2b e B2c, oggi si stanno rapidamente ren-
dendo conto di quanto utile possa essere l’uso delle comunità di
utenti o consumatori, anche indipendenti, da cui possono sca-
turire elementi interessanti per l’innovazione di prodotto o di pro-
cesso. Il cosiddetto “collective” si riferisce a tutti quei gruppi
informali di persone che condividono attitudini e intenzioni, adot-
tando stili di pensiero e di azione diversi tra loro.
Non è internet che crea questi gruppi. La rete, piuttosto, è il ca-
talizzatore delle relazioni che permette alle persone coinvolte di
reagire rapidamente e di comunicare con relativa semplicità.
Rende inoltre possibile alle aziende monitorare l’intreccio delle
relazioni, valutando gli elementi utili e non, scoprendo sfide e rea-
zioni ai cambiamenti introdotti nel mercato, utilizzando le comu-
nità come fonti di innovazione, orientando la ricerca della
soddisfazione.
L’affidabilità e la semplicità d’uso della tecnologia IT permettono
a individui e comunità di esprimere con una sola voce, la “col-
lective voice”, commenti e osservazioni su prodotti, servizi, or-
ganizzazione.
Il “collective” è una realtà articolata, che include tanto singole
persone quanto gruppi, comunità, mercati, aziende, in genere
soggetti ed enti che orientano le direzioni di sviluppo del busi-
ness. Di fatto nulla di nuovo. Grazie alla tecnologia, però, le re-
lazioni superano le distanze e si accelerano provocando un
cambiamento sulle operazioni e le strategie di business il cui im-
patto è appena cominciato. Ai leader IT si chiede dunque di ri-
pensare alle modalità con cui collaboratori e dipendenti lavorano,
ricordando l’impegno che profondono in attività extra lavorative
che sono destinate a trasformarsi in vantaggi collaborativi. La
cosa difficile è interpretare il trend e trasformarlo in iniziative pra-
Un ruolo nuovo per i social network: dalle metriche al Crm, le reti si
propongono come catalizzatrici di innovazione
NIKOS DRAKOS, JAMES RICHARDSON (*)
marzo-aprile 2011
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Fonte: Gartner