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ottobre 2016

zialmente non misurabili o così unici da non poter essere sostituiti facilmen-

te. Ed è proprio qui che sopravvivono i ‘buoni lavori’. Per il resto il discorso è

molto semplice: o sei tu a servizio del computer o è il computer a servire te.

Per eccellere la scelta è obbligata: o lavori alle specifiche per la creazione di

un prodotto oppure utilizzi nuovi strumenti che creino discontinuità con una

tradizione consolidata e che lascino a te il ruolo di figura cardine, di cui di-

cilmente il mondo potrà fare a meno.

E la rete? Cosa ne è della connected economy?

Alcuni hanno deciso di tenersi fuori dalla rete. Per certi versi si tratta di un

isolazionismo comprensibile. Nella corsa al ribasso cui assistiamo quotidia-

namente, uno dei ruoli chiave dei governi è di costruire dei binari, di stabilire

i limiti e di assicurare che le norme siano rispettate. E, come se non bastas-

se, occorre lavorare per preparare i cittadini a ciò che li aspetta in futuro. Ma

quando questo non accade si punta subito il dito contro la rete che, come una

tubazione rotta, non è in grado di soddisfare le esigenze delle persone che vo-

gliono utilizzarla. Eppure la connected economy crea sempre valore. Forse non

per tutti e non in ogni posto, ma essa viene adottata proprio perché funziona.

La nostra sfida nel breve periodo non è quella di far tornare in vita i buoni la-

vori, cosa tra l’altro estremamente improbabile, ma di abbracciare un modo di

pensare e un’idea di formazione che prepari a un mondo diverso. E il nostro

compito, ma soprattutto di chi ci dirige, è di costruire e mantenere una rete

di sicurezza che ci protegga durante questa transizione.

La gente non ha chiesto questa rivoluzione. Negli ultimi quarant’anni, mentre

i computer smantellavano pian piano le fondamenta del sistema, non abbia-

mo fatto praticamente nulla per adattare le scuole. Le famiglie e le istituzioni

hanno chiuso gli occhi prestando attenzione solo ai voti. Quando uno stu-

dente dice: “Non voglio inventare, programmare e non sono interessato alla

vendita” dovremmo fermarci un attimo e riflettere su a cosa servono le nostre

scuole. E quando lo stesso studente continua dicendo: “Non ho intenzione di

impegnarmi per fare qualcosa che possa cambiare il mondo, ma sono molto

bravo a seguire le istruzioni,” dovremmo capire che siamo sull’orlo di un bur-

rone proprio a seguito del brusco cambiamento nella nostra cultura. Eppure

bisogna ammetterlo: c’è una quantità enorme di nuovi lavori ‘buoni’ anche se

profondamente diversi da quelli del passato. Sono diversi dai lavori cui erava-

mo abituati, ma rappresentano l’occasione della vita se riusciamo a cambiare

marcia velocemente.

Qualche domanda per il canale

In questo scenario, la formazione ha un ruolo chiave, ma purtroppo un’orga-

nizzazione miope decide di risparmiare tagliando sulla formazione; dopotutto

pensare a breve termine funziona, per cui a che serve addestrare le persone

se poi andranno via? Al contrario, si può porre la questione in altri termini:

cosa si rischia a non addestrare le persone che rimangono? È facile essere

d’accordo su casi ovvi come questi, così come è molto facile per una perso-

na trovare un buon lavoro se ha curato da sé la propria formazione; mentre è

molto dicile se non ha alcuna formazione. Ma la vera dicoltà è assumersi la

responsabilità di provvedere da sé alla propria formazione. È oramai lontano

il tempo in cui società e aziende si preoccupavano di educare le persone e di

fornire loro i mezzi per aƒrontare i problemi… Ora dobbiamo cavarcela da soli.

Non c’è più tempo da perdere; le aziende di maggiore successo hanno già

cominciato a cambiare. Il canale IT è pronto a smettere di essere sempre in

emergenza? È pronto a smettere di procrastinare gli investimenti per il suo

futuro a tempi migliori che non verranno mai?

Ancora meglio, il canale IT che ne pensa di quest’opportunità? Assisteremo

passivi al cambiamento o lo guideremo? Il canale IT è pronto a smettere di

essere sempre in emergenza? È pronto a smettere di procrastinare gli inve-

stimenti per il suo futuro a tempi migliori che non verranno mai? È pronto a

cambiare giorno per giorno, costruendo i nuovi ‘buoni lavori’?

Primo Bonacina si oc-

cupa d’informatica dal

1984. Ha lavorato con

ruoli di responsabili-

tà per diverse azien-

de, tra queste: 3Com,

Tech Data, Magirus (ora

Avnet), Microsoft, Acer.

Dal 2014 ha creato un’i-

niziativa di consulenza

commerciale, marketing

e imprenditoriale (PBS

- Primo Bonacina Ser-

vices). Segui il suo blog

(www.primobonacina.

com) oppure contat-

talo via e-mail (primo.

bonacina@soiel.it

).