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marzo-aprile 2017

delle smart machine. Tuttavia, la descrizione di questi

prodotti in termini di AI, di calcolo cognitivo o di ‘intelli-

genza’ fa un danno che non si limita a deludere gli utenti

che si aspettano – erroneamente – che quegli oggetti

siano in grado di pensare. L’antropomorfizzazione delle

tecnologie alimenta un fenomeno che si è osservato con

il successo del film ‘Lo squalo. Prima della pellicola di

Spielberg, era molto raro che le persone avessero incubi

sugli squali; dopo il film, molti hanno iniziato a giustificare

il taglio delle pinne o altri metodi di uccisione dei pesce-

cani. L’antropomorfismo alimenta scenari di fantasia

spaventosi su come l’intelligenza artificiale diventerà più

pericolosa delle armi nucleari e finirà per sterminare il ge-

nere umano. Il termine ‘smart machine’ è relativamente

neutro ed è probabilmente il meno contestabile, ma

tutte queste definizioni sono soggette in qualche misura

ai pericoli dell’antropomorfismo. Nella lingua inglese, in

particolare, il termine ‘smart’ ha una connotazione più

generica e implicazioni meno tecniche o specifiche ri-

spetto a termini come ‘intelligente’, ‘intelligenza’, ‘AI’,

‘SMART MACHINE’, UN TERMINE DA CONOSCERE

di poterli automatizzare, creando un’intelligenza (umana)

artificiale (AI). Questa ipotesi era sbagliata allora e lo è

tuttora, ma stiamo ormai andando oltre quell’idea con

un nuovo ciclo: l’era delle smart machine, nata intorno

al 2012 dalla convergenza ‘esplosiva’ di tre sviluppi: le

reti neurali profonde, i processori paralleli ad altissime

prestazioni (come le Gpu) e i Big Data.

Il termine ‘calcolo cognitivo’ (o ‘cognitive computing’) è

un’altra definizione problematica di origine antropomor-

fica utilizzata nel campo del marketing. L’implicazione di

questo termine è che i computer possiedano capacità

cognitive simili a quelle umane, in realtà non presenti nelle

tecnologie. Le macchine non sanno pensare o ragionare,

i loro schemi di ‘ragionamento’ riflettono solitamente

l’uso di regole (algoritmi dettagliati) codificate nella loro

programmazione. Le macchine non conoscono il buon

senso, hanno funzioni piuttosto limitate e, ad oggi, non

c’è nessun documento scientifico che affermi il contrario.

Molti prodotti che dichiarano capacità ‘cognitive’ o di ‘AI’

contengono effettivamente alcune tecnologie alla base

Domande frequenti

Domanda

Risposta

Qual è il grado di ‘intelligenza’ richiesto

a una macchina perché venga consi-

derata ‘smart’?

Si può fare riferimento alla definizione di smart machine contenuta in questo articolo e determi-

nare se una o più parti dell’offerta considerata soddisfino tutti e tre i requisiti. Non proponiamo

un metodo ‘scientifico’ per valutare il contributo relativo dei componenti ‘smart’ e di quelli ‘non

smart’.

Come si può stabilire se una macchina

non è ‘smart’? La valutazione dell’intelli-

genza non è soggettiva?

Se una data tecnologia si basa esclusivamente su una progettazione di tipo ‘forza bruta’, se i

componenti ‘intelligenti’ risiedono interamente nella mente dei programmatori e se questi ultimi

sono in grado di descrivere dettagliatamente tutti i risultati possibili, allora la macchina non è

‘smart’. Può trattarsi di una macchina di enorme utilità, ma non rientra nella definizione di smart

machine qui presentata.

Nel 2010, tutti pensavano che gli au-

tocarri senza conducente usati da Rio

Tinto in Australia fossero una tecnologia

‘smart’. È ancora così?

Per quanto a nostra conoscenza, alla base di questi autocarri vi era soltanto una sofisticata

progettazione di tipo ‘forza bruta’ che permetteva loro di circolare nelle miniere a cielo aperto,

perciò questi mezzi non rientrano nella nostra attuale definizione di smart machine. I veicoli sen-

za conducente si stanno evolvendo e iniziano a incorporare le tecnologie delle smart machine

(in aggiunta alla progettazione ‘forza bruta’). Gli autocarri del 2010 potrebbero essere definiti

come ‘precursori’ delle smart machine.

I droni industriali sono ‘smart’?

I droni industriali sono un’altra categoria di prodotti che sta iniziando a incorporare alcune tec-

nologie delle smart machine, ad esempio per migliorare le capacità di visione. Un aspetto che

comporta enormi vantaggi in termini di efficienza di navigazione e sicurezza. La risposta a que-

sta domanda dipende dall’incorporazione o meno di tecnologie ‘smart’ nel drone considerato.

La categoria dei droni può essere in generale considerata tra i precursori delle smart machine,

ma mentre alcuni di essi sono ormai da annoverare a pieno titolo tra i sistemi ‘smart’, altri si

posizionano ancora all'estremo opposto.

Qual è la relazione tra le smart machine

e l’Internet of Things (IoT)?

Le tecnologie delle smart machine stanno rendendo molti oggetti più ‘intelligenti’ (ad esempio,

i lampioni dotati di sistemi di visione ‘intelligenti’ contengono modelli con cui riescono a inter-

pretare ciò che vedono le telecamere e a comunicare quelle informazioni ai dispositivi a monte

nello stack IoT). Le tecnologie delle smart machine trasformeranno l’IoT nello ‘Smart Internet of

Smart Things’, introducendo un fattore di ‘intelligenza’ in quasi tutti i livelli dello stack IoT.

Si parla di apprendimento, training e

testing delle smart machine. Questi ter-

mini non implicano un’antropomorfizza-

zione delle tecnologie?

Sì, ma nella nostra definizione la frase “...possono imparare da sole...” è riportata tra parentesi

e ha lo scopo di chiarire la definizione al lettore. Inoltre, il concetto di ‘apprendimento’ viene am-

piamente spiegato nei paragrafi successivi, per evitare che il lettore possa formarsi aspettative

errate sulle capacità reali delle smart machine.

Fonte: Gartner