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marzo-aprile 2017
(Infrastructure as a service). In parte questo già avviene
per le registrazioni video delle sedute su YouTube che
sono per loro natura pubbliche. Il modello di riferimento
è quindi quello di un cloud ibrido in cui ripartire i servizi
in base alla natura e strategicità delle informazioni, oltre
che ai relativi costi.
Da tempo si parla di Open Data. Avete affrontato l’ar-
gomento sia come fornitori sia come fruitori di Open
Data? Quali riscontri positivi e negativi avete raccolto
in queste esperienze?
Come fornitori di dati aperti, come accennato in pre-
cedenza, abbiamo messo a disposizione un apposito
sito Open Data
(dati.senato.it)in versione sperimentale
già dal 2012, collaborando con i colleghi della Ca-
mera dei Deputati, che avevano già realizzato un loro
sito, affinché i dati offerti dai due siti fossero completi
e compatibili tra loro. Questo nostro sito specializzato
pare soddisfare le esigenze di studiosi e ricercatori che
hanno bisogno di accedere ma anche utilizzare i dati,
necessariamente in formato aperto, sull’attività parla-
mentare già contenuti in formati diversi all’interno del
sistema informativo del Senato o sul sito istituzionale.
Come fruitori il discorso è certamente più articolato
perché attraversa le competenze di numerosi organi
e uffici, come è stato evidenziato in uno studio sugli
Open Data in ambito parlamentare condotto nel 2015
e disponibile sul sito del Senato.
In estrema sintesi, se da un lato è possibile affermare
che in alcuni ambiti specifici si sta facendo tesoro della
crescita di disponibilità di dati aperti dovuta agli inve-
stimenti delle pubbliche amministrazioni in tale ambito,
dall’altro è ancora difficoltoso riuscire a intravedere
come questo impiego possa diventare sistematico in
quanto esso passa necessariamente da uno sforzo co-
mune delle istituzioni pubbliche volto all’interoperabilità
dei diversi sistemi informativi.
Non è un compito facile perché si tratta di superare
una ‘logica proprietaria’ dei dati di propria competenza
verso un approccio orientato a un utilizzo distribuito e
aperto. Per quanto ci riguarda, è quanto stiamo cer-
cando di fare con il Polo Informatico Parlamentare
attraverso la sempre più stretta integrazione e collabo-
razione con la Camera.
Può darci un dettaglio di quanto prevedete di otte-
nere grazie alla realizzazione del Polo Informatico
Parlamentare?
Lavoriamo a un progetto di integrazione di molte attività
di Camera e Senato su ampia scala, e naturalmente
questo va a toccare tutti i punti anche organizzativi e
diversi aspetti regolamentari. Stiamo immaginando il
ruolo unico del personale delle due Camere e daremo
vita ad integrazioni funzionali a tutti i livelli e in tutti i set-
tori dove questo sarà possibile.
Il Polo Informatico Parlamentare si innesta quindi in
questo disegno di ampio respiro. In questo quadro,
infatti, diventa fondamentale ‘lavorare in squadra’ e
creare sinergie, mettendo insieme competenze, espe-
rienze, professionalità, con l’obiettivo di accelerare l’in-
novazione sia di tipo tecnico che operativo, al fine di
migliorare l’organizzazione e i processi produttivi.
L’accesso ai dati degli organismi pubblici è oggi un
tema molto dibattuto, soprattutto quando ci si focal-
izza su come grazie a una maggiore condivisione dei
dati tra le diverse PA si possano abilitare nuovi e più
veloci servizi ai cittadini e anche ottenere delle impor-
tanti ottimizzazioni. In molti fanno notare che oggi la
proprietà del ‘dato pubblico’ è attribuita all’amminis-
trazione che lo ha generato e questo è oggi un fattore
di ‘blocco dell’innovazione’ perché molti enti sono
restii a condividere le loro informazioni con altre PA.
Come questo ostacolo che blocca la circolarità delle
informazioni e in diversi casi anche importanti inizia-
tive di innovazione può essere superato?
Come accennato nella risposta precedente, è la ‘logica
proprietaria’ dei dati di competenza delle singole ammi-
nistrazioni che va superata e che agisce ancora come
fattore di blocco dell’innovazione e ostacolo all’intero-
perabilità. È una questione che non può essere lasciata
alla buona volontà dei singoli dirigenti amministrativi ma
che chiama in causa la politica. Più che nuove leggi
credo però siano necessarie disposizioni attuative di
leggi esistenti che costringano le pubbliche amministra-
zioni ad avviare innovazioni che valorizzino il patrimonio
informativo pubblico ‘nel suo insieme’ attraverso un co-
ordinamento delle diverse iniziative.
Su questo punto vorrei però ancora sottolineare la cri-
ticità del tema cyber security, oggi il livello di minacce
è molto elevato e può mettere a repentaglio anche il
corretto funzionamento delle istituzioni fondamentali di
una democrazia moderna. Il problema comprende cer-
tamente, ma va ben oltre, anche la tutela della privacy
e la protezione dei dati. È necessario fare dei salti di
qualità importanti.
Su tutti questi elementi, va sottolineato ancora una volta
il ruolo fondamentale di Agid che, pur con mezzi limitati,
ha indicato negli ultimi anni i progetti strategici che la PA
nel suo complesso deve perseguire: dal sistema unico
di identità digitale Spid all’anagrafe nazionale della po-
polazione residente Anpr, dal sistema dei pagamenti
elettronici PagoPA al Fascicolo sanitario nazionale. In-
sieme a queste innovazioni non va dimenticata la ridu-
L’INNOVAZIONE DELLA POLITICA CHE PASSA DALL’ICT