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L’era industriale, che iniziò in Inghil-

terra circa 200 anni fa e poi si estese

rapidamente negli Stati Uniti, in Giap-

pone e nei maggiori Paesi dell’Europa

continentale, si è evoluta attraversan-

do varie fasi di maturazione chiamate,

come sappiamo,‘rivoluzioni industriali’.

La prima rivoluzione industriale, che

iniziò alla fine del ‘700 con le macchi-

ne a energia idraulica e poi a vapore,

durò oltre un secolo.

La seconda rivoluzione industriale, a

cavallo tra ‘800 e ‘900, sfruttò la diffu-

sione dell’energia elettrica, del petrolio

e dei motori a combustione interna

per iniziare la produzione di massa

tramite le catene di montaggio di au-

tomezzi, elettrodomestici e altri pro-

dotti di grande serie.

La terza rivoluzione industriale, nei

primi Anni ’70, fu caratterizzata dall’u-

tilizzo dell’elettronica e dell’informatica

per controllare la produzione, in un

primo tempo a livello di singole mac-

chine a controllo digitale (macchine

utensili a controllo numerico, robot di

produzione), poi collegate nelle pri-

me celle di produzione automatizzate.

La strada verso l’automazione

Già nel 1974 fu concepito il primo

modello concettuale di fabbrica com-

pletamente automatizzata grazie a una

gerarchia di controlli automatici a loop

chiuso (fabbrica a luci spente), che già

delineava le principali caratteristiche

delle odierne smart factory (ovvero

fabbriche intelligenti), e fu coniato per

la prima volta il termine CIM nel libro

Computer Integrated Manufacturing

di Joseph Harrington, ma rimase let-

tera morta fino alla metà degli Anni

’80 poiché le tecnologie non erano

sufficientemente mature ed econo-

miche: gli operai lavoravano in molti

casi ancora meglio delle macchine e

i benefici in termini di riduzione dei

costi non erano sempre apprezzabili

vista proprio la scarsa resa di diversi

processi automatizzati.

Nella prima metà degli Anni ’90,

nell’ambito dei programmi Esprit (Eu-

ropean Strategic Program on Rese-

arch in Information Technology) del-

la Comunità Europea, fu sviluppata

l’architettura di riferimento CIMOSA

(CIM Open SystemArchitecture) che

definiva i primi standard europei per

i sistemi CIM.

A par tire dal 2012, quasi vent’anni

dopo, questo modello è stato ripreso

in Germania e denominato “Industrie

4.0”, adeguandolo alle nuove tecno-

logie e ai nuovi modelli di business, e

oggi che si sta estendendo anche ai

maggiori Paesi industrializzati di tutto

il mondo, in Italia dall’anno scorso, si

parla comunemente di ‘Industry 4.0’.

Questo modello descrive una fabbri-

ca intelligente e un modo di produrre

intelligente (smart manufacturing) ba-

sato su una rete integrata di sistemi

di produzione che comprende i se-

guenti elementi.

1. Un’automazione sempre più spinta

in tutti i campi di applicazione gra-

zie a sistemi sempre più intelligenti,

autonomi e in grado di apprendere

(machine learning).

2. L’utilizzo di nuovi sistemi di proto-

tipazione (stampa 3D) e di produ-

zione (AM) integrati con gli impianti

esistenti (CNC, robot) per con-

sentire maggiore agilità e flessibilità

nella produzione e quindi maggio-

re personalizzazione di massa dei

prodotti industriali.

3. Un elevato livello di interconnessio-

ne e comunicazione tra dispositivi e

sensori (RFID, M2M, IoT), tra com-

puter, tablet e smartphone (cloud

computing), tra uomini e macchine

(M2H, HMI), tra uomini e uomini

(H2H), attraverso reti private locali

o geografiche o tramite Internet

(IoE).

4. Sistemi di visione artificiale, realtà

aumentata e virtuale, simulazione

di processi.

5. Reti di sensori distribuiti nell’am-

biente (sensor cloud, smart dust),

nelle macchine e negli indumenti

(wearable computing), per acquisire

enormi quantità di dati (Big Data)

che consentono varie applicazioni

SMART MANUFACTURING, COME

CAMBIA IL MODO DI PRODURRE

L’EVOLUZIONE DEI PROCESSI DI PRODUZIONE E LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI

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gennaio-febbraio 2017

Giancarlo Magnaghi

Consulente

g.magnaghi@studiomagnaghi.it

INDUSTRIA 4.0