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giugno 2014
FILOSOFIA E HITECH
V
olendo introdurre il
tema oggetto di questo
articolo, ovvero una
riflessione su come le nuove modalità
di comunicazione mobili influiscono
sul nostro ‘Essere’, mi si permetta di
cominciare con una notazione personale.
Mia figlia ha quattro anni. È una bambina
amatissima, a sua volta molto affettuosa
ma senza eccessi, se così si può dire.
Non ha mai denotato segni di quella
sindrome da ‘innamoramento per il
Papà’ di cui tanto si vocifera nei luoghi
comuni. Eppure, da qualche tempo
a questa parte, ogni volta che mi
assento da casa per motivi di lavoro, ha
preso a chiedermi con tono enfatico
e lamentoso: ‘Babbo, ma quando
torni?’, accompagnando la legittima
richiesta con un sacco di moine. In un
primo momento me ne sono sentito
commosso e lusingato. Poi, però, ho
capito: ciò che le premeva era di riavere
presso di sé il mio smartphone che avrei
portato via con me nei miei viaggi. Non
voleva me ma il mio telefono!
ESSERE
E L’ESSERE
coNNEssI
ANTONIO SCURATI*
L’essenza del ‘telefonetto’
Da qualche tempo a questa parte,
infatti, il mio smartphone è divenuto
il suo gioco preferito; lei lo chiama
‘telefonetto’. Come la maggior parte dei
bambini della sua età, anche mia figlia fa
un uso massiccio, appassionato e totale
di queste tecnologie solo in apparenza
concepite per il mondo adulto: ci gioca -
ma sappiamo bene che nell’infanzia tutto
è gioco e il gioco è tutto - contempla
nelle foto e nei video le immagini di sé
e delle persone a lei care, telefona alla
mamma e ai nonni, scrive imparando
a scrivere, e altro ancora. E allora,
autoironie a parte, la domanda da
porsi è la seguente: qual è l’essenza del
‘telefonetto’ che lo rende tanto prezioso
per una bambina di quattro anni da
arrivare ad assimilarne l’importanza a
quella che riveste per lei il ritorno del
papà?
Per rispondere a questo interrogativo
ci si può affidare addirittura ad alcuni
studi provenienti dalla più rigorosa
filosofia accademica, e seguiremo qui in
Antonio Scurati
particolare le tesi proposte da Maurizio
Ferraris, ordinario di Filosofia Teoretica
all’Università di Torino, nel suo libro
‘Dove sei? Ontologia del telefonino’.
La tesi è la seguente: la telefonia mobile
è la tecnologia principe dell’esperienza
di trasformazione della presenza che
ci consente di costruire un’immensa
ontologia dell’invisibile, cioè una teoria di
tutti quegli oggetti né fisici né ideali che,
legati tra loro da un filo invisibile, stanno
tra il tavolo su cui scrivo e i teoremi
matematici – per fare solo due esempi –
tutti quegli oggetti socialmente costruiti
di cui s’intesse la trama delle nostre vite
e da cui dipende, in esse, la nostra felicità
o infelicità. Insomma, sostiene Ferraris,
l’alleanza tra telefono e computer
farebbe di questa nuova tecnologia un
formidabile strumento di costruzione
della nostra realtà sociale.
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