Office Automation giugno 2012 - page 88

MAKE OR BUY?
Ecco l’eterna domanda che da sempre attanaglia il top management
in generale, e i direttori del personale in particolare, delle società ICT.
Due le scuole di pensiero che si sono delineate nel corso degli anni
e che, a riprova dei ‘corsi e ricorsi’ di Vico, si sono ciclicamente al-
ternate quali correnti di riferimento.
I sostenitori della filosofia del “make” hanno storicamente avuto quali
rappresentati più autorevoli e noti le grandi società di consu-
lenza/system integration che si fondano su un modello organizzativo
molto strutturato e rigido, refrattario agli innesti esterni.
L’attività di selezione, per queste realtà, si è sempre focalizzata su
figure di neo laureati, con percentuali che si attestano addirittura
sul 70-80% dei neoassunti. La rimanente attività di recruiting ri-
guarda comunque figure molto junior, con tre massimo quattro anni
di esperienza.
È pertanto evidente l’importanza che riveste in queste società l’at-
tività di ‘plasmare’ le proprie risorse, di crearle ‘a propria immagine
e somiglianza’, sia per assicurarsi le competenze tecniche e gli soft
skill quanto più congruenti possibili con le reali necessità proget-
tuali e aziendali, sia, e soprattutto, per garantire equilibrio nel team
e contenere i costi.
Stesso percorso professionale, stessi step di crescita e, soprattutto,
stesso livello retributivo sono tutti elementi che riducono i fattori di
attrito, i confronti imbarazzanti, il rischio di sbagliare nella scelta dei
PER UNA SOCIETÀ DEL SETTORE ICT È MEGLIO ‘COMPRARE’
GIÀ PRONTE DALL’ESTERNO LE COMPETENZE PROFESSIONALI
NECESSARIE O ‘COSTRUIRLE’, FARLE CRESCERE, AL PROPRIO INTERNO?
manager e che permettono, nel contempo, di costruire un senso di
appartenenza forte all’azienda, un brand distintivo molto ben rico-
noscibile e riconosciuto.
L
E CRITICITÀ DEL MAKE
Tale approccio, sicuramente degno di nota, sta però evidenziando
in questo periodo di difficoltà di mercato alcune criticità non tra-
scurabili. Paradossalmente quello che era il fattore di forza, ossia la
spinta motivazionale, della cultura meritocratica che portava a prefe-
rire la crescita di manager interni piuttosto che il loro acquisto dal-
l’esterno, sta diventando l’anello debole della catena.
Più specificatamente, a fronte di una richiesta enorme di impegno e
di dedizione totale alle priorità di progetto, molte di queste società
non sono più in grado di offrire percorsi di crescita rapidi e ben de-
finiti come in passato. Anche a fronte di valutazioni personali più che
positive, le promozioni vengono sempre più spesso rimandate a causa
del numero ridotto di posizioni manageriali da offrire.
L’ovvia conseguenza di tutto ciò è un turn over più elevato rispetto
al passato, la decisione di molti professionisti con una seniority me-
dio/alta di accettare altre opportunità lavorative e, quindi, la relativa
improvvisa mancanza di preziose competenze professionali.
Stefania Fabbri, partner Inlay
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