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intelligenti. Ovvero in grado di
mutare la propria forma/aspetto
o compiere azioni specifiche se
sottoposti a uno stimolo energetico
predeterminato (come calore,
vibrazioni, elettricità, magnetismo,
luce, suono) o al verificarsi di
particolare condizioni come, per
esempio, il raggiungimento di un
particolare grado di umidità o
variazioni dell’illuminazione e della
temperatura.
La stampa 4D può essere quindi
vista come una stampa 3D con una
dimensione in più: il tempo. Infatti,
gli oggetti creati con la stampa 4D
possono evolvere nel tempo, sotto
lo stimolo di eventi esterni. Queste
operazioni vengono da sempre
svolte su scala nano e micrometrica
dalle proteine, ma grazie alla stampa
3D multimateriale è possibile
aumentare la scala.
I materiali utilizzati sono polimeri
elettro-attivi, elastomeri dielettrici,
leghe metalliche ‘intelligenti’,
fibra di carbonio, legno e tessuti
programmabili, ma possono anche
essere organici e biologici.
In questa frontiera nascente
sono già impegnate società come
Autodesk (che sviluppa il software
di progettazione), Stratasys (che
ha acquistato l’azienda israeliana
Objet, specializzata nello sviluppo
di materiali ‘programmabili’), il MIT
di Boston (che ha un Self-Assembly
Lab per oggetti auto-assemblanti)
e le università di Harvard e di
Wollongong (quest’ultima in
Australia).
Le prime applicazioni pratiche
sono in fase di sviluppo nel settore
militare (uniformi mimetiche
che cambiano colore in funzione
dell’ambiente, come i camaleonti) e
aereonautico: Airbus sta sviluppando
ali che cambiano forma in funzione
delle condizioni aerodinamiche
per diminuire la resistenza all’aria.
Secondo Markets&Markets, entro il
2025 il mercato globale della stampa
4D raggiungerà il valore di oltre 500
milioni di dollari.
Stampa 5D
Il nome di questa tecnologia
potrebbe portare fuori strada,
poiché 5D non si riferisce alla
stampa in un fantascientifico iper-
spazio a 5 dimensioni, ma definisce
semplicemente una nuova famiglia di
stampanti 3D con 5 gradi di libertà
(5 assi) invece dei 3 assi utilizzati
dalle stampanti 3D convenzionali,
come già succede in molte macchine
utensili a controllo numerico (frese a
5 assi) e in alcuni bracci robotici. Più
precisamente, in una stampante 5D,
proprio per quanto detto chiamata
anche stampante a 5 assi, il piano
di stampa (print bed) può ruotare
su due piani di rotazione (A e B) in
aggiunta ai tre assi X,Y, Z con una
numero totale di 5 assi: X,Y, Z, A, B.
Quindi nella produzione additiva
a 5 assi gli strati degli oggetti
possono essere aggiunti da più
di una direzione e non solo
perpendicolarmente al piano XY e
quindi possono essere curvi invece
che piani, producendo parti fino a
cinque volte più resistenti rispetto
alla tradizionale stampa a 3 assi, in
cui la resistenza a trazione sull’asse
Z in cui gli strati vengono ‘incollati’
è tipicamente inferiore a quella sul
piano XY. Per sfruttare pienamente
le possibilità della stampa 5D è però
novembre-dicembre 2016
necessario conoscere non solo la
geometria dell’oggetto da costruire,
ma anche le caratteristiche degli
sforzi che deve sopportare (intensità
e direzione) per massimizzare la
resistenza lungo gli assi di massima
sollecitazione. Questo richiede
software CAM particolarmente
avanzati, ancora in fase di sviluppo.
La tecnologia di stampa 5D è stata
sviluppata presso i Mitsubishi Electric
Research Labs (MERL) ed è tuttora
in fase sperimentale.
Vengono anche realizzate stampanti
5D ‘out-of-the-box’ sia per plastica
che per metalli, costitute da bracci
robotici a 5 assi. Molti produttori e
centri di ricerca stanno lavorando in
questa direzione, come 3D Systems,
Stratasys, Arevo Labs e la startup
olandese MX3D, che sta costruendo
ad Amsterdam il ponte metallico
MX3D Bridge stampato in 3D da
un braccio robotico in grado di
estrudere e saldare qualsiasi forma
in metallo o resina.
Giancarlo Magnaghi,
Consulente
g.magnaghi@studiomagnaghi.itIl ponte metallico che la start up MX3D sta costruendo ad Amsterdam grazie a robot che
lavorano con le logiche della fabbricazione additiva